Triste e ricorrente fattore la rimozione dalla memoria di eventi del passato,anche recente, per noia, senso del ‘ lasolitastoria’, ‘giàlaconosco’, ‘chemenefregaame’ o per altri motivi più o meno espliciti o esplicitabili. E’ un fatto, piaccia o meno; bisogna prenderne atto.

Ciò non equivale a giustificare l’erroneità di fondo di tale atteggiamento,  sia per motivazioni generali che più particolari.

La memoria è una funzione intellettuale che si attiva fisiologicamente a seguito dell’osservazione sensibile di tracce lasciate da oggetti o da esperienze che permettono di risalire alla configurazione di una cosa o di un evento passato.

La memoria può consistere anche in informazioni o impressioni depositate nella mente che tramite il ricordo possono  essere richiamate, più o meno distintamente, alla consapevole spiritualità di uno o più individui come avviene nel cosiddetto “ricordo collettivo”.

Sono trascorsi  ‘appena’ 77 anni dall’invasione siciliana della truppe angloamericane e canadesi e già quei fatti  si sono scoloriti sino alla scomparsa da una preponderante fetta della memoria collettiva,  sia a livello internazionale che nazionale e -quel che più è grave, anche da quella locale, tranne qualche resistente eccezione.

La tendenza verte verso il contenitore immenso ed ingrato del dimenticatoio.

Note riviste internazionali e nazionali, storici e studiosi di spessore, media di settore e non , come sempre più va emergendo, hanno lasciato trascorrere l’evento dello sbarco in Sicilia sotto immotivato, inspiegabile ed ingiustificato silenzio, anche quest’anno.

Constatiamo che della seconda guerra mondiale sul versante siciliano in particolare,  rimane soltanto un ricordo a macchia di leopardo nell’Isola.

Ogni attenzione residuale rimane puntata sul solo D-Day del 1944 (sbarco in Normandia). La memoria ed il valore di ogni altro evento, che pur si incastona nel travagliato e tragico percorso della liberazione, questa si effettiva, della Sicilia dal giogo fasci-nazista  si è pressoché smarrita, offuscata,obnubilata se si eccettuano quelle sempre più rare ipotesi esemplari di talune  sensibilità vive di comunità che, più delle altre, vissero quei momenti tragici nel 1943.

Nell’agrigentino resiste,ad esempio, la comunità della cittadina di Licata, primo centro  ad essere tolto, manu militari, al regime mussoliniano.

Negli altri paesi,pur interessati se non altro dal contributo dato in termini di vite umane e danni al territorio ed al patrimonio pubblico e privato, sembra sia calato il silenzio.

E’ il caso di Naro, Canicattì, Favara, Agrigento,Porto Empedocle.

Il 12 luglio, ad esempio, giorno che richiama il sacrificio di tanti cittadini a Naro, Canicattì, Agrigento, se si eccettua qualche isolata iniziativa editoriale, non risulta attivata alcuna cerimonia pubblica o privata mirata a ricordarne contesto,cause, effetti, cronaca, significato…

Lo scolorimento della memoria storica di una comunità, di una nazione,di un popolo è sintomatica di un degrado socio-culturale irreversibile che porta al decadimento dei  valori essenziali sui  quali si fonda l’attuale asseto democratico ed il nostro consorzio civile.

Il fenomeno lamentato appare perfettamente simile,quanto al messaggio, all’abbattimento delle antiche statue ad opera dei talebani, perfettamente in linea con la sconsiderata involuzione che serpeggia in altre parti del mondo, che si materializza  fisicamente con l’eliminazione delle statue di personaggi del passato.

L’augurio che sinceramente auspichiamo è che non sia stato profetico il monito altisonante di  Primo Levi quando  ebbe a preconizzare che “Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo”…

G.P.